Il Commissario Maltese, lunedì sera la prima puntata della fiction girata a Trapani
Lunedì, in prima serata su Rai1, andrà in onda la prima puntata della fiction “Maltese – il romanzo del commissario”.
Il film, ambientato e girato a Trapani, segna il ritorno sul piccolo schermo dell’attore Kim Rossi Stuart, che interpreta Dario Maltese, commissario della Narcotici in servizio a Roma.
È il 1976 e Maltese torna nella città Natale, Trapani appunto, in occasione del matrimonio di un caro amico e collega. Quest’ultimo, però, viene ucciso davanti ai suoi occhi. Ne seguirà la richiesta di farsi trasferire in Sicilia per far luce sul delitto.
Kim Rossi Stuart torna in tv, con un ruolo da protagonista e in una Rai ormai prontamente decisa a sfoderare tutti i suoi assi nella manica.
La pubblicità martellante, del resto, non fa che annunciare in pompa magna il grande evento: dall’8 maggio debutterà sulla rete ammiraglia Maltese – Il romanzo del Commissario, nuova fiction targata Palomar.
La casa di produzione non è nuova a numeri da capogiro, tanto che la sua firma in calce sembra quasi il preannuncio di un successo assicurato. Una scommessa fatta puntando sul rosso dei dati auditel, considerando che Il Commissario Montalbano e Braccialetti Rossi hanno dato una sferzata non da poco al vecchio carrozzone della prima rete.
Proprio al papà televisivo del commissario di Vigata giovane – quello dal volto tenebroso di Michele Riondino – è affidata la regia della nuova fiction Rai; è Gianluca Tavarelli infatti a sobbarcarsi il compito di portare sullo schermo un prodotto che mescola il nuovo e l’usato sicuro per sfondare, ancora, la soglia dello share.
Lo fa scegliendo ancora la Sicilia come luogo d’ambientazione, quasi fosse un sigillo di garanzia senza possibilità di imprevisti sulla strada giusta. Maltese, infatti, è ambientata tra Trapani e Palermo, in una stagione sanguinosa e problematica come quella degli anni Settanta del Novecento.
La mafia, già tristemente protagonista di prodotti audiovisivi ispirati a storie fittizie o reali, fa da sfondo a vicende che non trovano corrispondenze in alcun vissuto ma raccontano perfettamente un male endemico della nostra società. Il confine, spesso inesistente, tra malavita e istituzioni, si incardina su radici ormai storiche che emergono pian piano attraverso lo sguardo e le azioni di un commissario siciliano di origini, tornato nella sua sua terra dopo essersi trasferito nella Capitale per cercare di dimenticare il suicidio del padre.
A Trapani Dario Maltese (Rossi Stuart) cercherà di fare i conti con il suo passato, intrecciando la personale voglia di giustizia con un progetto superiore e ambizioso quale quello di fare chiarezza su uno dei poteri oscuri maggiormente radicati sul territorio nazionale.
Oltre a Kim Rossi Stuart, il cast della miniserie include attori del calibro di Rike Schmid, Valeria Solarino e Francesco Scianna. Considerato il sempiterno interesse del pubblico per il tema affrontato (recentemente riscoperto, in chiave “svecchiata”, da La mafia uccide solo d’estate), Maltese sembra avere tutte le carte in regola per una buona riuscita. Sperando di veder coniugati, come nel Commissario conterraneo, tecnica, qualità e successo di pubblico.
Ecco come presenta la serie Kim Rossi Stuart in un’intervista su Tv Sorrisi e Canzoni:
Kim, è tanto che non fa tv. Perché ha deciso di tornare con Maltese?
«Sono abituato a ponderare i miei lavori con un’attenzione quasi ossessiva. Questa serie invece è stata pianificata con il produttore Carlo Degli Esposti in maniera più istintiva. Ci siamo detti: facciamo qualcosa che possa trasmettere quelli che per noi sono aspetti positivi a un pubblico il più vasto possibile».L’idea iniziale qual è stata?
«Raccontare un commissario, un eroe vero. Da lì è partito un processo lungo, durato un paio di anni di scrittura».Chi è Maltese?
«Uno di quei personaggi che occupano la postazione del bene perché qualcuno deve pur occuparla, sebbene sia sempre più complicato. A causa di pigrizia e indifferenza, nella nostra società il male cresce, ma ci sono dei paladini che sentono questa vocazione e che sono in genere figure sole».Qual è la sua storia?
«Nasce a Trapani, ma a causa di una vicenda personale fugge a Roma. Dopo vent’anni torna nella sua città perché un suo vecchio compagno d’infanzia, oggi commissario, in punto di morte lo investe di una missione che qualcuno deve portare avanti. Solleva il coperchio sulla vicenda di suo padre, una storia che aveva ormai rimosso, e il percorso professionale e quello personale si mescolano e diventano interdipendenti».Si parla di eventi mafiosi?
«Sì. La storia è ambientata negli Anni 70, quando la mafia è diventata un tema chiaro, a cui si è cominciato a dare un nome preciso. Ma il periodo storico resta sullo sfondo. Abbiamo cercato di non cadere negli stereotipi per rendere Maltese attuale. Avrei potuto indossare camicie con i collettoni e i cravattoni: non l’ho fatto».Preparandosi a questo ruolo, a quali ricordi legati alla mafia ha attinto?
«Sicuramente gli attentati a Falcone e Borsellino. Il discorso in chiesa della vedova di Vito Schifani, uno degli agenti della scorta di Falcone che disse: “Io vi perdono, però dovete mettervi in ginocchio…”. La prima cosa che ho fatto è stata rinfrescarmi la memoria sugli eroi più o meno recenti della nostra storia. L’ho fatto con rigore e con un grandissimo interesse. E in questa ricerca mi sono imbattuto in Falcone, Borsellino, Peppino Impastato, ma mi sono soffermato soprattutto su Ninni Cassarà (il poliziotto ucciso da Cosa nostra nel 1985, ndr). Lui è stato un mio riferimento per Maltese».Da quale punto di vista?
«Anche per cose concrete tipo il look, che ho preso da lui. E poi la postura eretta di chi affronta le cose con la schiena dritta. Cassarà era un uomo d’azione».Anche Maltese è un uomo d’azione.
«Assolutamente sì. Lo vedremo usare le armi, fare delle operazioni sul campo».Gli ha regalato un bel paio di baffi.
«Per interpretare un siciliano, per quanto di ceppo normanno visti i miei colori chiari, ho sentito il bisogno di dargli delle piccole caratteristiche che mi aiutassero a renderlo più credibile possibile. Dargli un po’ più di Sicilia e un po’ meno di Olanda, visto che io sono mezzo olandese…».E poi c’è il make-up.
«No, quella è tutta roba mia. Quando ho iniziato a girare la fiction venivo da “Tommaso”, il mio film, due anni massacranti. Tutta quella stanchezza è stata utile per il mio personaggio che a causa delle indagini non dorme quasi mai. Durante le riprese in Sicilia sono dimagrito parecchio».Come mai?
«Ho sempre preso la mia professione come una missione. Lavoro sei mesi e poi mi fermo due anni, ma in quei sei mesi do tutto me stesso».Che ricordi ha degli Anni 70?
«Il jukebox. Rino Gaetano che faceva canzoni impegnate travestite da altro. La mia preferita era “Nuntereggae più”. Poi ricordo gli ideali che erano qualcosa di ancora possibile, concreto. Tutto questo mi sembra che sia quasi sparito. Al di là del calcio o cose simili».È tifoso?
«Sì, della Roma».Il suo Maltese ha molte cose in comune con Montalbano: la stessa produzione Palomar, Gianluca Maria Tavarelli che è anche il regista di «Il giovane Montalbano», la Sicilia…
«Il colore del mare può essere un reale comune denominatore, ma lo stile e le leve emotive sono altre».Le piace Montalbano?
«È fatto molto bene. Andrea Camilleri è il fondamento, Luca Zingaretti è perfetto, e la regia di Alberto Sironi riesce ad armonizzare tutto con sapienza e talento».Qui il promo della miniserie da lunedì su Rai1: